domenica 26 giugno 2011

"Women2Drive": in tante rispondono all'appello web

ROMA - Hanno deciso di rispondere in massa, con una protesta lanciata sui social network da 'Women2Drive', al divieto che impone loro di non guidare. Tantissime donne saudite si sono messe al volante per la prima manifestazione ufficiale dal 1991, quando un gruppo di pioniere velate lanciò il guanto di sfida all'unico paese al mondo che proibisce ancora alle donne di guidare. "Stiamo tornando dal supermercato. Mia moglie ha deciso di cominciare la giornata mettendosi alla guida sia all'andata che al ritorno" ha scritto sulla sua pagina Twitter Tawfiq Alsaif, editorialista. Al momento, secondo quando riferiscono le protagoniste della disobbedienza civile, la polizia ha chiuso uno o entrambi gli occhi sulle guidatrici, e non ci sono stati fermi.
Ancora a notte fonda, la prima donna a salire in macchina e a guidare è stata una cittadina di Riad, capitale del Regno. Ha messo su YouTube il filmato che la ritrae mentre, in una città semivuota, si dirige al supermercato.  Indossava un niqab, un velo nero che lascia scoperti solo i suoi occhi. Il nome indicato è 2Nassaf. Nel frattempo, su Twitter e Facebook, molte altre cittadine saudite stanno raccontando la loro protesta.
Chi accompagna i figli a scuola, chi si dirige in ospedale. Al momento, così come era stato indicato dal vademecum diffuso nei giorni scorsi, ognuna svolge la propria vita quotidiana, usando l'auto. Non ci sono assembramenti e, al momento, nessuna a riferito problemi con la polizia. Tuttavia la protesta è solo agli inizi.
"Mia moglie Maha ed io siamo appena rientrati da un giro in auto di 45 minuti. Ha guidato per le vie di Riad" ha annotato fiero in un altro tweet Mohammed al-Qahatani, presidente dell'associazione saudita dei diritti civili e politici. Decine di donne saudite si sono autodenunciate con migliaia di post su una pagina Facebook dedicata alla protesta contro il divieto di guida per le donne nel regno Wahabita. La campagna 'Io guido', lanciata due mesi fa sui social network, andrà avanti "fino alla pubblicazione di un decreto reale che autorizzerà le donne a guidare" secondo quanto si legge nella pagina facebook degli organizzatori 6.
Diverse famiglie saudite hanno almeno un autista con uno stipedio medio di circa 2mila riyal (circa 370 euro), chi non può permetterselo è costretto ad accompagnare fisicamente mogli, sorelle o figlie. "Permettere a una donna di guidare significherebbe provocare un miscuglio di generi che metterebbe la donna in serio pericolo, e porterebbe al caos sociale" recita una fatwa (precetto religioso) in materia, che risale al 1991. Negli ultimi tempi le cose sono però cambiate: la 26enne Manal Sharif è stata arrestata 7 alle tre del mattino del 22 maggio scorso per aver caricato su YouTube un filmato che la ritraeva alla guida, ed è stata rilasciata ben nove giorni dopo grazie a una ritrattazione che aveva tutta l'aria di essere stata estorta con la forza dalle autorità.
È dal suo e altri casi simili che è nata la campagna 'Io guido', che invita le donne, soprattutto quelle che hanno una patente rilasciata da un paese estero a muoversi per conto proprio. In un comunicato, Amnesty international ha rivolto un appello alle autorità perché "smettano di trattare le donne come cittadini di seconda classe e aprano le strade del regno alle donne al volante". "Le donne mediamente sono molto più coraggiose degli uomini e da tempo stanno dimostrando questo coraggio sfidando i divieti imposti dai vertici sauditi" ha commentato l'attivista Mohammed al Qahtani, citato da Arab News. "Non mi sorprenderebbe se avessero un ruolo determinante nella nostra battaglia per le riforme" ha aggiunto, lasciando intendere che proprio le donne potrebbero essere per l'Arabia Saudita, come lo sono già state in Tunisia e in Egitto, l'elemento trainante del cambiamento.