domenica 3 maggio 2015

PREMIO MIMOSA 2015 RACCONTI SELEZIONATI E MOTIVAZIONI DELLA GIURIA CAT. A - I classificato“San Diego, California” di Brigidina Gentile

PREMIO MIMOSA 2015 RACCONTI SELEZIONATI E MOTIVAZIONI DELLA GIURIA
CAT. A - I classificato“San Diego, California” di Brigidina Gentile
Un percorso dentro al dolore, una disamina spietata e asciutta - imbastita tra le matasse della tenerezza filiale e fraterna – dei percorsi che conducono alla elaborazione del lutto.
La narrazione è condotta con il tratto lieve e guardingo che caratterizza lo stile di Brigidina Gentile, la cui mano sa essere sottile nel condurre il lettore nei meandri più articolati e dolorosi dell’animo umano.
C’è il tocco magico di una piuma nella scrittura dell’autrice che le consente di affondare e sollevarsi in volteggi di parole simboliche in grado di suggerire interi universi emotivi.
In questo breve racconto la Gentile dimostra la sua sapienza di narratrice che sa scrivere d’amore, di morte, di consolazione e malinconia triste e consapevole, conducendo la danza delle parole con la maestria soave e ironica della musicalità che estende lo spettro sonoro dagli acuti ai gravi in sincronia e senza soluzione di continuità. 
San Diego, California
Mio fratello è morto di AIDS qualche mese fa, e io non ho pianto.
Erano tutti sorpresi, mia madre per prima. Proprio io legata a filo doppio con lui, sembrava non provassi alcun dolore, che fosse invece una liberazione, un atto dovuto quello di andarsene, a quel punto. Sembrava tutto normale, a quel punto.
Mi sono occupata anche del catering. Dopo la cremazione sono venuti tutti a casa, parenti, amici, conoscenti, medici, infermieri... Non mi sono fermata nemmeno un secondo, ho accolto tutti, parlato con tutti, messo tutti a proprio agio e... non ho versato nemmeno una lacrima.
Ho aspettato che se ne andassero, li ho abbracciati uno ad uno, e salutati con il mio sorriso migliore.
Poi ho accompagnato mia madre al bagno, l'ho aiutata a spogliarsi.
Ha voluto indossare una camicia da notte che le aveva regalato lui per la festa della mamma.
Ha voluto che le mettessi la sua chitarra accanto al cuscino.
Poi si è accucciata buona buona sotto le coperte e ha chiuso gli occhi.
Le sue lacrime continuavano a scendere, non c'era verso. È crollata dopo qualche minuto in un sonno agitato. Mi ha fatto tanta tenerezza, era diventata ancora più piccola, magra magra, un animaletto indifeso, tremante.
Le ho asciugato le lacrime, ho aspettato che il respiro si calmasse, che il sonno diventasse profondo e sono andata a riordinare la cucina.
“Ti voglio bene mamma”, “Sei grande sorella mia!”: sul frigorifero i bigliettini con la sua scrittura ormai tremolante, il suo modo per farci sapere che eravamo parte del suo mondo, la sua gratitudine.
Ho messo tutto a posto, e non mi sono fermata nemmeno quando alle otto del mattino mi sono vista arrivare mamma come un fantasmino. L'ho abbracciata a lungo accarezzandole i capelli. Ho ascoltato il suo respiro e raccolto le sue lacrime. Poi ho preparato la colazione e ho fatto finta di vivere. Ho scelto le parole, perché ci vogliono parole fresche per consolare una mamma, e poi le ho cotte e gliele ho date per cena. E così il tempo è passato.
Sono trascorsi otto mesi da quando mio fratello è morto e la sua assenza è un vuoto che mi assedia.
Io... sono soltanto un ricordo, un vuoto di memoria a perdere.